Una settimana a Cape Town: Chapman’s Peak

Stamattina il sole brilla alto nel cielo, decidiamo di partire alla scoperta della Chapman’s Peak Drive, una delle strade più belle del mondo dove vengono girati molti spot pubblicitari, soprattutto di automobili.Partiamo dopo colazione, direzione Waterfront.

Anche di giorno questa zona mi piace sempre di più, e quasi per caso scopriamo questa coloratissima scala che conduce all’ospedale di Cape Town.

DSC_0111In breve siamo sulla Beach Drive, un lungo stradone che vede bellissime case da un lato e l’oceano più affascinante dall’altra. Deve essere spettacolare svegliarsi con questa vista tutti i giorni, penso con un po’ di invidia per i fortunati abitanti di questi palazzi signorili, mentre ci fermiamo a scattare qualche foto, rapiti dall’odore del mare, tra surfisti che fanno colazione prima di mettersi in acqua.

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Proseguendo oltre ci accorgeremo che tutta questa parte della città è fornita di servizi di ogni tipo, grandi parchi, piste da jogging e ciclabili, locali, spiagge pubbliche. Ci ripromettiamo di tornare qui per il pranzo. Nel frattempo si sale, oltre la Signal Hill, lungo la Victoria Drive, dove si susseguono una serie di località dalla vista mozzafiato, come Camps Bay, Clifton, Bantry Bay, tutte caratterizzate dalla presenza di lussuosissime ville abbarbicate lungo la scogliera.

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Per raggiungere il Chapman’s Peak vero e proprio bisogna pagare un piccolo pedaggio in entrata e in uscita, circa 40 Rand per davvero pochi chilometri, ma valgono assolutamente la pena, se si considerano i magnifici scenari che ad ogni curva si spalancheranno di fronte a voi, o meglio ancora, ai vostri piedi. Dall’altra parte della Chapman’s Peak Drive lo scenario cambia completamente. Non più brullo, per non dire desertico, ma valli verdi e rigogliose, vigneti fertili e spiagge di sabbia bianca purissima.

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Quando torniamo indietro siamo affamati. Non ce la facciamo a pranzare lungo la Beach Drive, Sami scalpita, così ci fermiamo prima, a Hout Bay, facendo una breve deviazione.

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Qui lo scenario è da cartolina d’epoca. Una bella spiaggia chiara dove un ragazzo dalle mani abilissime sta forgiando una scultura di sabbia che ritrae i Big Five. Molti i bambini che gli girano intorno, ammirati, corrono in tondo sghignazzando a voce alta, facendo sollevare un gruppo di gabbiani, mentre un maestro di surf tiene lezione ai suoi piccoli allievi, ora alzandosi, ora abbassandosi sulla tavola, facendo vedere i movimenti per bene.

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DSC_0217Un molo, prima di condurre a un minuscolo quanto pittoresco porticciolo, funge da passeggiata di fronte a un locale molto grande, a due piani, si chiama Mariner’s Wharf. L’insegna è ricavata da una barca vera appesa lungo la terrazza panoramica al primo piano, dove scopriremo uno dei migliori ristoranti specializzati in pesce fresco al mondo (e a dirlo non siamo noi.. c’è un articolo di giornale messo sotto teca nel quale viene annoverato tra i cinque migliori), mentre sotto c’è una friggitoria dove servono fish’n’chips.

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C’è musica, si alternano chitarristi dalle giacche stravaganti a vere e proprie jazz band (ah, il jazz, la colonna sonora di questi giorni a Cape Town!).

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All’ingresso del porto un uomo seduto bordo banchina richiama gente a gran voce “Come here sir! Come here madame!“.

Vedo degli strani movimenti in acqua. Qualche veloce creatura nera e lucida sguscia fuori dal mare per poi rimmergersi. Sono leoni marini, ne conto almeno quattro, e l’uomo che richiama i turisti è riuscito ad ammaestrarli tanto da averne creato una vera e propria attrazione.

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Quello più grande si chiama Mr. Brown e nonostante la stazza è molto agile a saltare fuori per prendere brandelli di pesce puzzolente a volte direttamente dalla bocca del suo maestro. L’uomo ci spiega che è un pescatore e che questi splendidi animali erano soliti salire a bordo per mangiare finché, giocando e regalando cibo come ricompensa, è riuscito ad ammaestrarli. È impressionante,  Mr. Brown si fa accarezzare il suo bel capoccione con lo sguardo beato di chi aveva proprio bisogno di una bella grattatina, come un cagnolino. L’uomo ci spiega che deve moltissimo a queste creature perché gli permettono di guadagnare qualcosa con le offerte dei turisti riuscendo a mandare i suoi due figli a scuola. Non scorderò mai il suo volto, un viso segnato dalla fatica e dal sole, le rughe profonde che gli solcavano i lineamenti e poi gli occhi, profondi, di un’umanità disarmante e la loro espressione particolare, un misto di tristezza, malinconia e dolcezza.

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Con estrema difficoltà riusciamo a dividere Sami dal suo amico baffuto, e salutato “Gap” (lo abbiamo ribattezzato così non sapendo il suo nome), saliamo al ristorante per mangiare un boccone, ma ci sembra di essere a bordo di una nave. Gli interni sono tutti in legno, al posto delle finestre oblò e boccaporti e lo staff, tutto in divisa, sembra l’equipaggio di un’imbarcazione.

Vorrei dedicare un post a parte per questo posticino speciale, quindi, per ora, mi limiterò a dire che è stato, senza esagerare, uno dei migliori pranzi non solo del viaggio, ma probabilmente della mia vita!

Una piacevole passeggiata e siamo pronti per tornare indietro, lungo la strada fatta all’andata, ma non possiamo fare a meno di fermarci per guardare di nuovo queste onde spaventose andare a infrangersi contro gli scogli, creando delle infinite distese di schiuma. Il mare sembra avere una coperta bianca sopra di sé, un manto spumoso cangiante a seconda della luce. Uno spettacolo della natura.

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Prima di tornare in albergo ci piacerebbe fare un salto nel quartiere di Woodstock, povero sobborgo alla periferia di Cape Town, dove la creatività dei suoi abitanti ha dato vita ad alcuni tra i murales più belli della città. Il traffico che troviamo, però, ci costringe a cambiare programma e stanchissimi preferiamo tornare in stanza per riposare un po’. Domani è il nostro ultimo giorno qui… sentiamo già salire un po’ di malinconia…

Giorno 0: in viaggio verso il Sud Africa

Giorno 1: Victoria&Alfred Waterfront

Giorno 2: Western Cape&Cape of Good Hope

Giorno 3: Table Mountain e il calore del popolo africano

Giorno 4: Long Street, BoKaap e Waterfront

Giorno 6: Kirstenbosch

Pubblicato da

Vivo a Roma, sono farmacista, ho 43 anni. Due figli, tre gatti, un pastore maremmano. In viaggio con Vale dal 2004, mi piace pensare che si possa viaggiare anche solo con un buon libro, un film, una canzone. Il blog nasce per il piacere di scrivere, immortalare e condividere le nostre esperienze di viaggio in giro per l'Italia e nel mondo. Sono una blogger atipica, molto poco social e non mi piace apparire in foto. Sogno il Sud America, ma poi con il cuore torno sempre a Parigi.

20 pensieri riguardo “Una settimana a Cape Town: Chapman’s Peak

  1. E’ vero in poco tempo lo scenario cambia in modo inaspettato! Come sempre bellissimi scatti! Posso sentirla quella musica dal tuo racconto, sai?
    Di leoni marini ammaestrati e “accarezzabili” è pieno il mondo dei parchi acquatici. Tu hai avuto il privilegio di accarezzarne uno (che creatura magnifica) nel suo habitat naturale.
    Ed ora sono curiosa anche io di leggere del ristorante! 😀
    Ciao!

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    1. La dolcezza di Mr. Brown era direttamente proporzionale al suo peso…<3 I pianti che si è fatto Sami quando siamo dovuti andare via… Quello del jazz è una vera mania.. ovunque è possibile trovare orchestrine che fanno cover o pezzi inediti.. bellissimo! A presto Dani e grazie!

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  2. Il colore dell’oceano è incredibile… se chiudo gli occhi sento il rumore delle onde… non si può dimenticare il Sudafrica, vero? E’ uno dei posti più belli del mondo!

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