Gite intorno San Francisco: Muir Woods e Napa Valley

Il 5 gennaio partiamo alla volta del Muir Woods National Monument, un bosco di sequoie sempreverdi a nord di San Francisco dichiarato monumento nazionale nel 1908 dal Presidente Roosvelt.

Il nome Muir deriva dall’omonimo naturalista che definì questo sopravvissuto tratto di sequoie costiere (le altre vennero tutte massicciamente abbattute dai boscaioli nel XIX secolo) come “Il miglior monumento per gli amanti degli alberi che si possa trovare sulla faccia della Terra“.

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Il costo d’ingresso è di soli 10 dollari e li vale tutti.

Si accede a una passeggiata su pontili leggermente elevati da terra, per preservare le delicate radici delle sequoie, e si entra in un mondo che pare incantato, fatto di giganti di legno silenziosi e solenni che seguono il tuo cammino nella penombra e nella pace più assoluta.

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Le mappe che troverete lungo il percorso sono fatte molto bene e permettono anche dei sentieri più avventurosi per gli amanti del trekking che si vanno a inerpicare lungo i pendii delle montagne circostanti.

Le sequoie mi avevano impressionato quando le vidi per la prima volta nel Parco di Sequoia, appunto, nel 2010, ma mai avrei immaginato scenari simili a pochi km dalla città.

Sono enormi. Alcune ancora solide nonostante gli anni, altre sono cadute, minate da qualche subdolo parassita interno, certe altre sono vecchie più di un secolo.

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Il mio consiglio è di andare la mattina presto, come abbiamo fatto noi. Non c’era praticamente nessuno e questo ha senz’altro acuito la sensazione di trovarsi in un bosco lontano dal tempo e lo spazio.

Ma non solo. Ve lo consiglio anche per i parcheggi. I posti macchina non sono molti, si esauriscono in fretta, specialmente nei weekend o nei giorni di festa. Per chi non avesse la macchina ci sono dei servizi navetta gratuiti che partono da Sausalito da marzo a ottobre.

Tornando verso San Francisco ci siamo ricordati di un delizioso diner in zona Presidio dove eravamo stati a mangiare ben 6 anni prima e pensiamo di provare a cercare se è ancora lì.

Il posto c’è ancora, eccome, ed è esattamente come lo ricordavo. Si chiama Mel’s ed è il classico diner anni ’50 che si vede nei film,  con i camerieri con la divisa e il cappellino bianchi che girano con le caraffe di caffè in mano,  i juke box ai tavoli e l’arredamento tutto cromato e dalle rassicuranti linee arrotondate e ingombranti tipiche dell’epoca.

Credo ci abbiano girato American Graffiti, perché le pareti sono piene di poster legate al regista e al protagonista Ron Howard.

Mangiamo degli hamburger favolosi e mi piace pensare che la prima volta che siamo venuti eravamo solo in due, mentre oggi tra le ordinazioni c’era anche un kid menu, arrivato in un originale piatto che era un furgoncino di cartone da costruire in 3d con cui poter giocare.

Dopo pranzo facciamo una passeggiata nel Parco di Presidio, in quell’area che si chiama Crissy Field, vicino il cimitero militare.

Un prato che sembra sconfinato, nient’altro che quello, ma che ti apre cuore e polmoni per la vista che offre. Il Golden Gate Bridge, il mare, la spiaggia, l’isola di Alcatraz e dietro lo skyline del Financial District. Fantastico.

E’ pieno di gente che si gode questo scenario all’aria aperta prima che tramonti il sole e quindi che le temperature si facciano via via più rigide. Bambini che giocano con un aquilone, ragazzi in bicicletta, jogger col proprio cane al guinzaglio. Uno spazio prezioso.

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Per l’Epifania, che qui non si festeggia, andiamo a fare una gita nella Napa Valley, circa un’oretta di macchina da San Francisco lungo un panorama affascinante che cambia immediatamente appena usciti dal cemento della città.

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La grandezza e la varietà dell’America si vede in questi viaggi in auto, dove i centri abitati sono spesso circondati dalla natura più vasta e generosa. Questo è anche il caso della Napa Valley, un territorio baciato dalla fortuna e plasmato dal lavoro faticoso di tanti viticoltori e agricoltori che ne hanno fatto un fiore all’occhiello della gastronomia mondiale.

Scopriamo che per visitare le winery house, molto spesso magioni che vorrebbero somigliare nell’aspetto ai classici casolari della campagna toscana, bisogna spesso pagare un ingresso di circa 30 dollari, e anche la maggior parte delle degustazioni non sono quasi mai del tutto gratuite. Ora, siamo con un bambino piccolo, non siamo grandi bevitori, pensiamo valga la pena proseguire fino all’omonimo paesino di Napa per una semplice passeggiata e magari destinare il tour vinicolo a un altro momento.

E così facciamo. Troviamo parcheggio al mercato coperto di Napa, un insieme di stand di piccoli produttori locali che propongono birre artigianali, cioccolato, muffin e cupcake, carne, pesce, formaggi, ma anche olii essenziali, artigianato, vino e olio, frutta e verdura, libri. Ce n’è per tutti i gusti e si può mangiare direttamente nell’area food court al centro del capannone. Terminato il pasto girovaghiamo senza una meta precisa per il paese, che ha un aspetto calmo e sonnacchioso, come le dolci colline circostanti.

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Per arrivare al Mill, un vecchio mulino oggi adibito ad aerea commerciale con affaccio diretto sul fiume, passiamo lungo un corso ricco di negozi di pregiato abbigliamento in lana e cachemire, oggettistica, perchè non si possono definire banalmente souvenir, e anche un ampio e completo ufficio della pro loco dove, prodighi di informazioni, ci aspettano quelli che immagino essere i tre anziani più agiati del paese, due uomini e una donna, lei in elegante parure di perle.

Uno dei due uomini si avvicina per chiederci da dove veniamo, e quando sente che proveniamo da Roma, ci racconta che anche lui ci è stato da giovane e che l’ha trovata incantevole. Oggi passa la sua vita 6 mesi qui e gli altri 6 nel Maine, dove ha un’altra casa, a proposito di posti incantevoli. Beato lui. Forse non avevo poi sbagliato di molto a immaginarmelo come uno dei vecchietti più agiati del circondario…;)

Sapevate che oltre al vino, Napa è famosa anche per il suo centro termale? Io no, ma adesso mi spiego la presenza di così tante persone anziane. Ecco, il paese e la valle sono molto piacevoli, ma a meno che non fossi ricca o anziana non credo ci tornerei. Mi è sembrato uno di quei centri dove gli anziani facoltosi vanno a svernare.

Tornati in città, ci prepariamo per la cena, l’ultima che passeremo insieme prima della partenza prevista per domani alle 19. I ragazzi ci portano in un ristorante birmano, il Mandalay, dove una cameriera dai modi spicci regola il traffico di clienti in entrata e in uscita e dove tutto è favoloso, dai cocktail a base di mango e yogurt, per smorzare il piccante, mi dicono, ai piatti sfiziosi a base di spezie come coriandolo, lime, lemon grass. Forse sono di parte, la cucina asiatica è tra le mie preferite in assoluto, ma qui la qualità e la freschezza mi sono sembrate piuttosto alte.

Il giorno dopo partiamo.

San Francisco ci è entrata nel cuore.

Lasciamo la macchina alla Budget e nel prendere il treno per raggiungere il gate assistiamo a quello che deve essere stato un infarto o un ictus di un signore australiano che stava viaggiando con moglie e figlio adolescente. Lo vediamo un attimo prima in piedi e poi,-bum- un rumore sordo e lui immobile per terra, senza respiro e con un colorito che non promette niente di buono. Tutti immobili, a parte le urla della moglie e il pianto disperato del figlio e ci ritroviamo come in un film, a cercare il freno per bloccare il treno in stazione e il telefono per comunicare l’emergenza.

Sembrano tutti i presupposti per un nuovo #èSuccessoDavvero?, ma vi assicuro che l’ansia e la paura erano reali.

Ce ne andiamo con il poveretto che ha ripreso a respirare e noi, una volta confortata la moglie, non possiamo che salutare e andarcene ancora visibilmente scossi.

Il volo con la Swiss fino a Zurigo sarà scomodo, ma tranquillo. Zurigo è sotto la neve e l’aeroporto è entrato di diritto tra quelli più child friendly mai visti. Una intera area dedicata ai più piccoli-sembra un asilo!- con la postazione fasciatoi con tutto l’occorrente per il cambio, forni a microonde per riscaldare pappe e biberon, una zona dedicata ai genitori, con prese di corrente per cellulari e pc e giochi e giocattoli di legno per la ricreazione dei più piccoli, il tutto in un tripudio di colori, disegni e decorazioni. Fantastico!

Il volo fino a Roma sarà senza scossoni e Sami si conferma come il nostro miglior compagno di viaggio.

Alla prossima avventura gente!

See you soon, San Francisco…

Pubblicato da

Vivo a Roma, sono farmacista, ho 43 anni. Due figli, tre gatti, un pastore maremmano. In viaggio con Vale dal 2004, mi piace pensare che si possa viaggiare anche solo con un buon libro, un film, una canzone. Il blog nasce per il piacere di scrivere, immortalare e condividere le nostre esperienze di viaggio in giro per l'Italia e nel mondo. Sono una blogger atipica, molto poco social e non mi piace apparire in foto. Sogno il Sud America, ma poi con il cuore torno sempre a Parigi.

18 pensieri riguardo “Gite intorno San Francisco: Muir Woods e Napa Valley

  1. Le sequoie sono gli alberi che mi danno il maggior senso di libertà… si innalzano verso l’alto così belle e vorrei tanto poterne toccare una per sentire l’energia che emana!
    Bellissima questa San Francisco, fra i dinner, il Golden Gate, i parchi ed i quartieri così caratteristici e diversi l’uno dall’altro io me ne sono innamorata attraverso di voi! ❤

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    1. Sono tra i miei alberi preferiti Lou. Esprimono forza e, non so perché, saggezza. Forse ho letto troppi romanzi fantasy…eheheh!
      Dopo le sequoie il mio sogno più grande sarebbe vedere dal vivo un baobab…Ah, che spettacolo devono essere!
      Grazie a te per averci letto in questo lungo racconto 😍 Un abbraccio.

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  2. Oddio, chissà che sensazione di impotenza, vedere un uomo cadere a terra e non poter fare nulla per aiutarlo, se non chiamare i soccorsi e sperare che arrivino in fretta.
    Sai che mi sembra di riconoscere il posto nella food court di Napa, quello con le magliette appese sopra il bancone? Se è il posto che dico io, ho mangiato un buonissimo panino proprio lì anni fa 🙂

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    1. Quello con le magliette appese era un birrificio artigianale davvero notevole, ma non ricordo se faceva panini.
      Là dentro era tutto talmente invitante che, secondo me, ovunque capitassi sarebbe comunque stato un pranzo ottimo 😉
      L’esperienza in treno è stata orribile.
      Un senso di angoscia e, come dici giustamente tu, di impotenza come mai mi era capitato.
      Nei giorni successivi abbiamo provato a cercare informazioni su di lui sulle testate locali, ma non ne parlavano. Speriamo sia andato tutto per il meglio…
      Ciao Silvia, grazie.

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  3. Vedi? Addirittura i pontili per preservare le radici? Ma quanto sono avanti sti americani! Comunque che alberi maestosi e impressionanti, dalle tue foto (che sono da rivista) sembrano incutere tanto rispetto e soggezione!
    Il parco è meraviglioso con quella vista su Alcatraz! *_* Leggendo più in basso ho saputo che era l’ultimo post su SF…io ti stavo chiedendo qualche anticipazione su Alcatraz 😀 😀
    Ma beato lui per davvero! Il fascino del Maine è fuori discussione!
    Mi hai fatto prendere un colpo con la storia del viaggiatore australiano, menomale che ha ripreso a respirare Orso ha detto che mentre leggevo sono sbiancata 😦
    E quindi ci lasci così? THE END? 😉

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    1. C’era il pienone per Alcatraz durante le feste…Gli unici biglietti disponibili per il tour erano per il sabato della partenza, e dovendo fare le valige abbiamo dovuto rinunciare…Peccato…Mio cognato mi ha detto che organizzano anche visite del carcere in notturna…La prossima volta che torneremo mi piacerebbe fare quello, magari con Sami più grande sarà pure più facile…
      Il signore australiano mi ha terrorizzata.Un attimo prima in piedi e in forze a scherzare col figlio adolescente e poi disteso immobile tra le urla della moglie.
      E’ vero che in questi casi ti senti impotente, ma il torpore che c’era in quel vagone di fronte alla emergenza mi ha sconvolto.
      Cavolo, siete pure madrelingua, chiunque se la sarebbe cavata meglio di me per chiamare soccorsi!Eppure se ne stavano tutti fermi belli stretti alle loro valige a guradare la scena mentre questi due poveretti piangevano e urlavano. E’ stato proprio brutto. Meno male che poi ha ripreso a respirare…Chissà come è finita…
      Il diario di SF è finito ma pensavo di fare un post solo per la street art di Mission e Castro perchè ho una serie di foto che mi piacerebbe farvi vedere 🙂 Con le sequoie è facile fare belle foto…;) E la cosa dei pontili rialzati mi sembra il minimo dopo il disboscamento scriteriato che hanno provocato! E usate i mattoni per farvi le case, no? 😉
      Un bacio Dani e grazie mille!

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  4. Che brutta esperienza, non oso immaginare la paura. Io poi su queste cose sono particolarmente ansiosa, probabilmente sarei andata in panico anch’io, siete stati bravi a mantenere la calma.
    Fantastico Sami il piccolo viaggiatore, ha già alle spalle un curriculum non indifferente 😀
    Ciao bella!

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  5. Mi stavo perdendo questo post splendido! La vostra San Francisco mi sta quasi convincendo a riconciliarmi con la città, ma devo dire che i dintorni mi affascinano molto di più. Io che adoro gli alberi e i grandi parchi, non posso che essere incantata dalle sequoie e dalle vostre foto…

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