Dopo le tappe di Calgary, Jasper e Banff lasciamo momentaneamente il Canada (torneremo solo per trascorrere l’ultima notte in un albergo nei pressi dell’aeroporto di Calgary per poi ripartire per Roma il giorno dopo) per sconfinare in territorio americano.
Ci aspettano quattro notti al Glacier National Park, ma visto che all’interno del parco è possibile dormire solo in campeggio (i pochi motel presenti hanno cifre fuori dalla nostra portata), abbiamo optato per una casa prenotata su Airbnb nella cittadina di Columbia Falls, a soli venti minuti di macchina dall’ingresso ovest del parco.
Il Glacier National Park è uno dei parchi più antichi negli USA, abitato dalle tribù di indigeni Cheyenne e Blackfeet già 10.000 anni fa.
Il Glacier confina con il Waterton National Park, in Canada, e nel 1932 i due parchi sono stati accorpati divenendo il Parco Internazionale della Pace Waterton-Glacier, il primo Parco della Pace nel mondo, come simbolo di fratellanza e amicizia tra le popolazioni confinanti.
Glacier National Park: come organizzare la visita e cosa vedere
Per accedere al Glacier National Park ci sono quattro ingressi principali, tra i quali quello ad ovest, dalla cittadina di West Glacier, il più battuto dai turisti.
Gli altri tre ingressi sono in territorio indiano, nella Riserva dei Blackfeet, con meno strutture ricettive e più difficili da raggiungere: stiamo parlando degli ingressi del Many Glacier, del Saint Mary Lake e del Two Medicine Lake.
La prima scelta da fare nell’organizzare la visita al Glacier National Park è quindi decidere da che parte del parco soggiornare, se cioè ad ovest o a est. Noi, come dicevamo, abbiamo scelto di soggiornare dalla parte dell’ingresso occidentale e con il senno di poi lo rifaremmo perché è quello più facile da raggiungere e con più scelta di alloggi.
A differenza degli altri parchi visitati finora, il cui pass d’ingresso era calcolato in base ai giorni di permanenza, qui al Glacier il pass esiste o settimanale o annuale. Quindi, anche se starete quattro giorni, come noi, pagherete quello da sette, perchè semplicemente non esistono altre formule. Parliamo comunque di cifre ragionevoli, circa 30 USD per veicolo per il settimanale e addirittura soli 70 USD per l’annuale.
I ranger all’ingresso vi daranno delle mappe dettagliatissime con tutta la rete di sentieri percorribili e i relativi quozienti di difficoltà.
L’attrazione principale del parco è la meravigliosa Going-To-The-Sun Road, unica strada percorribile all’interno del Glacier, la quale permette in un paio d’ore di attraversare tutto il parco da ovest ad est e viceversa.
Si può immaginare quanto sia facile trovare traffico lungo questa via, tutti i giorni e a qualsiasi ora, lente processioni di macchine per attraversarla.
I parcheggi poi, quando presenti, sono pochi, e le piazzole panoramiche molte strette: trovare un posticino per fermare la macchina e scattare una foto può essere difficoltoso. Del resto tutto questo fa parte della filosofia del Glacier, dove circa il 95% del territorio è ancora intatto.
I ranger addirittura consigliano di avere un piano B in alternativa al Glacier, proprio per il suo essere piccolo e prezioso. Ma se non lo avete (o non volete averlo), l’unica soluzione è svegliarsi presto, se non altro per battere sul tempo chi dorme già all’interno del parco.
Se non avete voglia di visitare il Glacier da soli in macchina però, niente paura. Sappiate che esistono dei tour speciali a bordo di veicoli rossi dall’aspetto vintage chiamati Historic Red Bus Tours.
Partono sia da est che da ovest e percorrono un loop lungo tutta la Going-to-the-Sun Road (solo quella, non arrivano alle altre porzioni del parco). A bordo troverete guide appassionate di storia vestite di tutto punto, come fossero autisti degli anni ’30 (epoca in cui venne istituita questa tradizione), che vi sveleranno i segreti e le bellezze del parco.
Il punto più alto della Going-To-The-Sun Road, a più di 2000 metri sul livello del mare, è il Logan Pass, dal quale partono alcuni dei sentieri più spettacolari ed impegnativi del parco.
Le altre due zone di interesse principali del Glacier sono quelle del Many Glacier Lake e del Two Medicine Lake.
Per raggiungere l’ingresso al Many Glacier Lake: partendo dalla West Entrance, percorrere tutta la Going-To-The-Sun Road, uscire al Saint Mary Lake Visitor Center e poi rientrare nel parco dalla Many Glacier Entrance, una mezz’ora di macchina più a nord.
Per arrivare al Two Medicine Lake: è necessario passare esternamente al parco, risalendo da sud verso l’entrata sul versante orientale.
Glacier National Park: le nostre escursioni
Going-To-The-Sun Road
Il primo giorno al Glacier la dedichiamo alla sua attrazione più famosa, la Going-to-the-Sun Road, una strada meravigliosa che attraversa completamente il parco da ovest a est ed è lunga 80 km.
Costruita nel 1937, permette di avere una idea generale della bellezza del Glacier e delle perle che contiene.
La cosa più sconcertante di questa strada è il panorama che cambia ad ogni tornante.
Dalla valle, dove si trova il suggestivo Lake McDonald (l’acqua è gelata, ma portatevi comunque il costume da bagno perchè d’estate non resisterete al desiderio di fare un bagno tanto è trasparente), si costeggia il creek e attraversando una galleria scavata nella roccia (dove abbiamo avuto la fortuna di vederci attraversare un orso nero) si sale vertiginosamente in montagna, con canyon verdi che sembrano infiniti ai propri piedi e cime altissime a rivelare nevai e cascate.
Poco dopo aver superato Lake McDonald, ci si trova all’imbocco del Trail of the Cedars Nature Trail, sentiero che porta poi all’Avalanche Trail, principale escursione di questa parte del parco. Il Cedars Trail è una passeggiata molto semplice ma suggestiva, perchè vi troverete avvolti solo da silenzio e alberi di cedro e di redwoods.
Arrivati al Logan Pass fa freddo perché si superano i 2000 metri, mentre altrove le temperature possono essere roventi.
All’altezza del Saint Mary Lake il panorama cambia di nuovo, sembra quasi desertico a giudicare dagli alberi brulli che troviamo, mentre di sotto risaltano il blu e il verde increspati del lago.
Curiosità: il Saint Mary Lake è stato reso celebre da Stanley Kubrik che lo scelse, insieme al suo riconoscibilissimo isolotto al largo, la Wild Goose Island, per la sigla di testa del suo capolavoro Shining (adoro!)
Giunti all’ingresso orientale del Glacier si entra nella riserva indiana, quella della tribù dei Piedi Neri, un’affascinante prateria color del grano dove le strade si perdono all’orizzonte e dove zampettano allegri alcuni cervi (sul serio, per poco non ci finiscono sotto la macchina). In generale, fate attenzione su queste strade, dentro e fuori il parco. Viaggiare in auto nel Montana può essere pericoloso, non abbiamo mai visto così tante croci bianche ai lati della carreggiata, a testimonianza delle numerose highway fatalities che all’inizio pensiamo possano essere state causate dai molti animali selvatici che capitano sciaguratamente, magari di notte, sotto le macchine, ma quando poi notiamo il servizio autostrade che invita a non bere e ad allacciare le cinture di sicurezza, ci rendiamo conto che potrebbero dipendere da altro.
Many Glacier
Il secondo giorno partiamo all’esplorazione del Glacier percorrendo la Going-to-the-Sun-Road tutta di un fiato, ma arrivati all’ingresso est stavolta proseguiamo il nostro viaggio voltando a sinistra, verso il Many Glacier.
Noi ancora non lo sappiamo, ma questa giornata ci regalerà grandi soddisfazioni.
Intanto trovo già affascinante dove ci troviamo. Più che città sembrano piccoli avamposti, con qualche motel e bar, molti dei quali chiusi per cessata attività, e un’unica pompa di benzina che troviamo a fatica.
Il Many Glacier è una porzione stupenda del Parco di Glacier, ma molti turisti non ci arrivano neanche perché in effetti in macchina è un bel viaggio di circa due ore e mezza.
Parcheggiamo all’imbocco del sentiero che vogliamo percorrere, lo Swiftcurrent, e ci inoltriamo nel bosco costeggiando prima un lago, dirimpetto all’unico lodge della zona, poi all’intersezione con un altro sentiero, proseguiamo a destra salendo verso il Grinnell Trail che costeggia il Lake Josephine e arriva fin su al Grinnell Glacier.
Incontriamo alcuni ragazzi con le espressioni eccitate e una di loro ci dice di stare attenti perché più avanti ci sono un orso e un alce, quest’ultimo se l’è appena data a gambe, ma l’orso potrebbe ancora essere nei paraggi.
E’ tutta la vacanza che desideriamo vedere un orso, ne abbiamo incrociato uno ieri mentre ci attraversava la strada, ma è stata una cosa talmente repentina da non essere riuscita a prendere neanche la macchina fotografica.
Improvvisamente però non ne sono più molto convinta perché di certo, quando ho espresso questo desiderio, non intendevo vederlo da terra, ma magari dalla macchina, a una buona distanza di sicurezza.
Qui gli spazi sono stretti e con un po’ d’ansia proseguiamo fino a che non incrociamo un altro gruppo di ragazzi che, provenendo dalla parte opposta rispetto alla nostra, lo vedono chiaramente.
Una macchia nera tra i cespugli, proprio sulla riva del lago.
Sembro l’unica demente che non riesce a vederlo, tutti bisbigliano concitati “Amazing!” mentre io ancora stringo gli occhi per capirci qualcosa.
Poi, eccolo, sta agitando i cespugli in cerca di bacche da mangiare, e per fortuna ne trova in quantità perché altrimenti mica lo so come sarebbe andata a finire.
La distanza tra noi e lui è di circa 10-15 metri, molto, ma molto meno rispetto a quello che consigliano i ranger, e se all’inizio sono stupita, al punto da restarmene imbambolata a guardarlo, come sempre mi capita quando vedo animali nel loro habitat, improvvisamente mi rendo conto che, cavolo, quello è un orso, e si sta mettendo in posizione bipede per guardarci meglio e annusarci! E se si stesse preparando all’attacco?
Piano piano gli sfilo davanti tenendo con un mano ben saldo il bambino, nell’altra lo spray antiorso che abbiamo trovato in un armadio nell’Airbnb.
Vale si mette con lo zoom a fargli il book fotografico, e non vorrei lasciarlo indietro, ma il mio pensiero fisso è il bambino quindi, senza correre, torniamo da dove siamo venuti. Fortunatamente, però, Vale si stanca presto di fare il fotografo del National Geographic (anche perché nel frattempo l’orso si è incamminato sul nostro stesso sentiero) e torna indietro, col sorriso soddisfatto di un giocatore che ha fatto jackpot.
Torniamo da dove siamo venuti poi all’incrocio riprendiamo il primo sentiero terminando il loop, dove gli scenari di pace che troviamo in qualche modo riescono a tranquillizzarmi.
L’avventura di oggi vale da sola il viaggio, ma uscendo troveremo anche una coppia di grizzly a mangiare tra i cespugli. Oggi scorpacciata evidentemente, loro di bacche, noi di animali.
Two Medicine Lake
Il terzo giorno visitiamo una zona ancora più remota del parco di Glacier, l’ingresso al Two Medicine Lake, in pieno territorio indiano. Sono in tutto tre sentieri principali. Quello che vorremmo percorrere noi parte dalla sponda nord dell’Old Man Lake, nei pressi di un campeggio tranquillo dove pascolano indisturbate le pecore di montagna.
Il sentiero non è difficile, ma arrivare al Two Medicine Lake è molto dura per via della lunghezza del tragitto e la stanchezza che abbiamo evidentemente accumulato in questi giorni.
Inoltre il sentiero, man mano che si prosegue, si fa sempre più monotono visto che dal lago sale sempre di più andando ad allontanarsene del tutto e a parte boschi e felci ci sembra ci sia poco altro. Dopo 4 km abbondanti torniamo indietro per un picnic sulla riva dell’Old Man Lake.
Montana: Big Sky Country e Blackfeet Nation
L’ultimo giorno lasciamo il Glacier e torniamo verso la frontiera canadese, un viaggio bellissimo nella riserva indiana che passa per spazi che sembrano sconfinati accompagnati da un cielo blu enorme e puntinato solo di poche nuvole leggere che si rincorrono veloci.
Ci sono tre bandiere che sventolano orgogliose a ricordare che il Montana sia la Blackfeet Nation, ma non so se la cosa mi fa più ridere o piangere… Hanno messo qui due statuine, due guerrieri a cavallo con tanto di archi, frecce e armamentario di piume e pelli. Dovrebbero essere celebrative, referenziali, invece questi due figurini fatti di pezzi di metallo come borchie delle macchine e utensili per il giardinaggio, mi sembrano, non so, una sorta di schiaffo in faccia.
A testimonianza della presenza degli indigeni in Montana solo mandrie e mandrie di tatanka, i bisonti, nient’altro.
Le comunità indigene in realtà vivono fuori la frontiera, una volta entrati nella provincia di Alberta, compound di famiglie poverissime con anziani invalidi e bambini scalzi. I cartelloni che troviamo in autostrada (oltre a invitare a credere in Gesù Cristo, Our Lord and Saviour) indicano emergenze dal punto di vista sanitario in termini di dipendenze di droghe e alcool. Invitano a prendere una sostanza simile al metadone per non rovinarsi la vita, né quella dei propri cari, e anche questo mi sa di ipocrisia perché a umiliare la dignità di questa gente, destinandola ad una vita di depressione e disoccupazione, è stato proprio il governo, che adesso cerca di salvare la faccia con le pubblicità progresso. Anche il loro rapporto con il cibo ormai è conflittuale. Avevamo letto da qualche parte che malattie come diabete, predisposizione all’obesità e all’infarto sono ormai di natura famigliare tra i nativi americani e vederli ora in fila in un fast food in mezzo al nulla a pranzare con l’ennesimo cheeseburger e patatine non può che peggiorare la situazione.
(Scusate lo sfogo…)
Montana: cosa fare e cosa mangiare
Non abbiamo trovato la cucina del Montana particolarmente attraente. Qualsiasi cosa ve la proporranno fritta, non c’è da sbagliarsi. Una cosa però ci è piaciuta in modo particolare, ovvero l’huckleberry. Si tratta di una bacca che cresce d’estate in questi boschi e che nell’aspetto e nel sapore ricorda i mirtilli, anche se non appartiene alla stessa pianta.
Lungo la strada per andare al Glacier è pieno di chioschi che vendono pie, gelati, frullati al gusto di huckleberry, quindi il nostro consiglio è di fermarvi senza timore per assaggiare una di queste specialità. Non si trovano nei supermercati e ne vale assolutamente la pena.
Se avrete voglia di portare a casa con voi come souvenir un po’ di questa squisitezza, ricordatevi che il barattolo di marmellata vale come liquido se portato nel bagaglio a mano.
Un’altra cosa che ci è piaciuta particolarmente è stato fermarci in cerca di “tesori” in qualche robivecchi. Ci piace fare collezione di targhe automobilistiche (quelle originali, usate, vissute) degli stati del Nord America che abbiamo visitato, e nel Montana è stato particolarmente facile imbattersi in robivecchi caratteristici che vendono cose usate, molto vintage.
Uno di questi si chiama The Grandpa’s Attic, nella cittadina di Hungry Horse. Ha un piccolo patio sul davanti con sopra le stanze dell’anziana coppia che lo gestisce. Quando arriviamo il proprietario ci dà un caloroso benvenuto invitandoci a entrare in casa sua.
È un uomo alto, ha il parkinson e un improbabile cappello da cowboy in testa. Ci porta davanti a un secchio di vernice dove ha conservato tutte le targhe del Montana che vogliamo, sia blu con la scritta Treasure State, sia bianca con la dicitura da me preferita Big Sky Country. Come sospettavo, in mezzo a tanta paccottiglia, ci sono anche pezzi per collezionisti, come delle action figure sul tema di Star Wars, ancora nella loro preziosa confezione, vecchie targhe di rame provenienti da auto famose, gioielli di argento che brillano sotto una teca di vetro. Paghiamo una sciocchezza prendendo due targhe e tre Hot Wheels degli anni ’90 per Sami, quindi ce ne andiamo, notando solo ora e con una certa malinconia il cartello For Sale che è esposto fuori.
Il Glacier National Park non è particolarmente facile da esplorare, ma una volta svelata la chiave d’accesso lascia senza parole.
Voi siete mai stati al Glacier National Park? Quali parchi americani avete visitato che vi sono rimasti nel cuore?
Mentre guardavo le foto dell’orso avevo la pelle d’oca! Chissà che emozione – e che paura – trovarsi nelle vicinanze di un animale così forte e così imponente.
Tempo fa ero stata ospite per una notte in una riserva nativa in Minnesota e lì ci avevano spiegato delle condizioni in cui spesso vivono i nativi: dipendenza da alcol, isolamento e diabete causato da un’alimentazione completamente sbagliata.
Detto ciò, si tratta di zone che dal punto di vista della natura sono incontaminate e molto wild. Davvero un viaggio spettacolare.
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È stato bellissimo visitare il Glacier, sul serio si ha la sensazione di trovarsi in un territorio quasi vergine, ancora incontaminato e anzi, più ci si allontana nelle zone più remore del parco, più si gode della totale solitudine (e bellezza) di questo posto. Meraviglioso Glacier❤️
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Che meraviglia!!! Il Glacier vorrei proprio vederlo, magari nello stesso itinerario in cui mi piacerebbe inserire Yellowstone.
Ma voi avete davvero fatto il bagno in quel lago ghiacciato??? Mi sento male solo a pensarci!!!
Un abbraccio,
Elena
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Perchè no? Se uno dispone di parecchi giorni e magari ha già visto i parchi canadesi, inserire il Glacier e Yellowstone nello stesso itinerario potrebbe essere un’abbinata vincente.
L’acqua del lago era troppo invitante pe rnon provare. Un tuffo al volo, eh…niente di più, ma che belloooo!!! 🙂
Un abbraccio a te, Elena, e grazie!
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Avvistare l’orsacchiotto mi avrebbe agitato non poco, anche se poi, conoscendomi, mi sarei fatto prendere anche io dallo scattare fotografie. Davvero un bell’esemplare. Le foto sono meravigliose e invogliano la visita di questo parco
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E’ stato un misto di ansia ed emozione, ma di certo in quel momento la vera mamma orsa ero io e di fare le foto non mi è passato per l’anticamera del cervello….ahahah!! Per fortuna Vale ha avuto più sangue freddo 😉 Grazie per i complimenti Falupe, un abbraccio!
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Che bel bottino fotografico Alessia! E non mi riferisco solo agli animali selvatici ma a tutto tutto! Non commento quella sorta di memoriale fatto di paccottiglia metallica, non se lo merita il popolo dei nativi… 😦 Invece ho un misto di ansia e curiosità sull’incontro ravvicinato (ma ravvicinato davvero!) con l’orso! Sembra tranquillo dagli scatti e per nulla impaurito anzi, sembra quasi abituato alla presenza di persone e “fotografi d’assalto” 😛 Gli avete scaricato un’intera SD di foto eh?! 😉 No perché io ne avrei scaricate due! Perdonami se non irriverente ma ti ho immaginata con la tuta da supereroe in posa da difesa con lo spray anti orso ahahahah! ❤
Che bella che dev'essere l'esperienza vintage a bordo delle auto d'epoca e ora che me lo dici l'ho ricollegato subito l'isolotto! Caspita tutto fritto che fantasia! Se aprissimo un ristorante turistico proponendo la nostra cucina sarebbe un successone (oltre che ad essere una scusa per trasferirsi nel lodge sul lago) 😉 Solo che ora dove la trovo una torta con l'huckleberry da papparmi adesso? 🙂
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*se sono irriverente
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Lo sei e ti adoro per questo😉
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Ho sempre immaginato il Montana come un territorio meravigliosamente selvaggio, ma ancora non ci sono mai stata (sono andata nelle Rocky Mountains canadesi ma non ho sconfinato). Meravigliosi gli orsi, un’emozione grandissima vederli così da vicino.
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Lo è, Daniela, specialmente il territorio del Black Feet Nation a est del Glacier NP, al confine con il Canada. Di orsi così da vicino non ci era mai capitato di vederne. È stata un’emozione fortissima 😍
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Non sei irriverente Orsa, se ripenso alla scena adesso ci rido pure io, ma sul momento ho avuto davvero paura anche perchè Sami non sembrava rendersi conto di quello che stavamo vivendo, dei possibili pericoli, come è ovvio per un bambino di 4 anni, e non era per niente collaborativo. Io credo che l’orso fosse sufficientemente sazio per starsene tranquillo a farsi fotografare, era tutto impegnato con quelle bacche e questo ha giocato a nostro favore. Le statuine dei nativi mi hanno davvero lasciato l’amaro in bocca, soprattutto per tutta l’ipocrisia che gira ancora intorno a questa storia… Fratellanza, amicizia, Blackfeet Nation e poi per vedere davvero un nativo mi tocca arrivare in Canada? Incommentabili… Che buono huckleberry!! Ho già finito la mia scorta…Non mi ci far pensare…ahahah!!! Ti abbraccio Orsa, e grazie!!
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