Questo articolo è stato un bel grattacapo, lo ammetto, e forse anche per questo l’ho fatto uscire per ultimo. Perché l’argomento “cibo” in Cina non è roba mica da ridere.
C’è talmente tanta varietà tra le ricette, gli ingredienti, lo street food che provare a descrivere, non dico tutto, ma almeno la maggior parte delle cose assaggiate durante la nostra settimana a Pechino, è impresa ardua.
Al nostro ritorno la prima domanda che ci è stata fatta è stata “come avete mangiato?”, frase spesso accompagnata da espressioni miste di disgusto e diffidenza.
Partirei subito dicendo una cosa. A Pechino si mangia bene, parecchio bene, ma molto dipende da quanto sarete disposti a provare.
Perché non tutto quello che avrete nel piatto sarà facile da interpretare, molte cose sono talmente distanti dalla nostra cultura che non sono subito lampanti da distinguere, ma il consiglio è sempre quello, buttatevi, per quanto possibile, magari chiudendo un occhio sull’igiene, non sempre a livelli impeccabili 😉
Dove mangiare a Pechino: Qianmen, Wangfujing e Shichahai
Più che mercati del cibo a Pechino abbiamo trovato le strade del cibo, luoghi cioè deputati più di altri per la preparazione e il consumo di pasti sostanziosi, economici e sazianti.
Qianmen è una strada del cibo storica, adiacente a uno degli hutong più antichi della città e parallela a un mercato vero e proprio che vende abbigliamento e scarpe tarocche a qualsiasi ora del giorno e della sera.
A Qianmen siamo entrati in una locanda caratteristica dove abbiamo provato a imitare gli altri commensali, quindi ci siamo trovati sulla tavola i baozi o bao, un tipico raviolo dalla forma cicciotta che viene cotto al vapore e ripieno di carne di maiale o pesce e verdura. Non è raro che vengano mangiati asciutti anche a colazione, specialmente dai bambini, mentre durante un pranzo o una cena vengono accompagnati da zuppe.
Noi ne scegliamo due, o meglio, ne indichiamo due (un padre e un figlio accanto a noi se le stavano mangiando di gusto, così ci siamo fidati), e ci arrivano due ciotole fumanti. Una conteneva una minestra molto acquosa color violaceo, che aveva il sapore della scolatura dei legumi quando li togliete dal loro barattolo, l’altra era grasso raffermo con in mezzo pezzi di carne un po’ coriacea al gusto, credo fosse una minestra di fegato.
Wangfujing è una strada più sciccosa, piena di grandi magazzini lussuosissimi e varie catene di ristoranti o fast food occidentali.
Della vecchia strada del cibo è rimasto ben poco (a ottobre avevano cominciato dei lavori di rinnovo e a giudicare dalle foto del progetto non ci sarà niente di lontanamente tipico…), a parte i chioschetti che vendono i Tanghulu, che però a Pechino si trovano un po’ ovunque, non solo qui.
I tanghulu sono degli spiedini di frutta caramellata, un tipico street food che accompagna le passeggiate dei cinesi durante la stagione fredda. Come consistenza sono croccanti come l’uva, ma al gusto sembrano un agrume dolce vista la presenza del caramello.
In compenso a Wangfujing c’è un ristorante che fa parte di una catena molto famosa, il Quanjude Roast Duck, dove abbiamo assaggiato una specialità di questa parte della Cina, l’anatra laccata alla pechinese.
L’anatra laccata è molto complicata da preparare, ma è una vera leccornia, un piatto da festa che riunisce tutta la famiglia intorno alla tavola rotonda (di quelli con la superficie girevole al centro) insieme a un quantitativo inverosimile di contorni.
Nel ristorante dove l’abbiamo mangiata, lo chef arriva al tavolo con il carrello sul quale è adagiato il povero pennuto e, quasi rendendogli grazie per il sacrificio, utilizza le parti più prelibate, pelle e carne del petto, per creare un fiore (che poi è il simbolo della Cina) mentre la pelle, croccante e calda da sciogliersi in bocca, sarà da inzuppare nello zucchero.
Dell’animale non si butta niente. Vengono servite anche ossa, zampe e testa nel caso qualche commensale si voglia divertire a rosicchiare (il resto della carcassa sarà per il brodo), mentre tutto viene porzionato in piccoli pezzi che verranno messi a scaldare su un fornelletto in modo da tenere la carne sempre calda.
La cameriera mi fa vedere come procedere.
Prende una sottilissima sfoglia di pane (il Conyoubing), la riempie con dello scalogno in strisce mentre con la bacchetta sceglie un pezzo di carne che andrà a immergere in una salsa che ha il colore della soia, ma è molto più forte e densa. La carne bagnata fungerà da pennello per imprimere il pane di salsa, quindi si arrotola il tutto e si mangia. Io non avevo mai provato la carne d’anatra. L’ho trovata grassa, ma buonissima.
Shichahai, invece, è un vero e proprio quartiere non lontano dal complesso della Città Proibita, completamente sviluppato sulle rive di tre laghi.
Siamo capitati per caso, di notte, a piedi, alla ricerca della più vicina stazione della metropolitana, e all’improvviso ci siamo imbattuti nella Cina che, ci siamo resi conto, faceva parte del nostro immaginario, quella caotica, caciarona, un circo di colori, mendicanti, fenomeni da baraccone, buttadentro.
Shichahai di giorno è noto per la bellezza di ben dieci templi taoisti e buddisti, ma la sera diventa un vero e proprio mercato notturno, con bancarelle che vendono insetti e larve fritti e allo spiedo, kebab cinesi che nella forma sono più simili ai nostri arrosticini abruzzesi e friggitrici su ruote che preparano lo stinky tofu, un piatto antico, secondo le leggende addirittura risalente alla dinastia Qing. All’inizio pensavamo fosse un pesce tipo anguilla fritta che poi viene messo in una ciotola con brodo, peperoncino e altre spezie, ma in realtà era formaggio di soia. Era buonissimo!
Qui intorno è pieno di bei locali che fanno musica dal vivo mentre si mangia o si beve qualcosa. Ne scegliamo uno che fa solo l’Hotpot (in cinese si chiama Huo Guo), una specialità mongola, ma molto diffusa a Pechino.
In pratica portano a tavola una pentola di rame con un buco al centro il cui bordo aperto è profondo abbastanza per contenere acqua, aromi e gli ingredienti che l’avventore sceglierà di bollire, se carne, pesce, tofu o verdura (soprattutto funghi shiitake e cavoli bok choy).
La base della pentola è mantenuta sempre rovente grazie a un fornelletto, mentre dal camino sopra fuoriesce il vapore. Da ordinare insieme agli ingredienti preferiti anche delle salse con le quali condire il tutto. Noi, su consiglio di alcuni commensali seduti vicini, abbiamo scelto quella a base di burro di arachidi. Era tutto ottimo e poi il locale mi è piaciuto un sacco perché al posto dei tavoli e delle sedie c’erano dei salottini di legno ornati di cuscini strani e orsacchiotti di peluche mentre una brava cantante cinese si esibiva su un palco, solo voce e chitarra.
Cosa mangiare a Pechino: street food e non solo
Credo di non aver mai visto tante varianti di pane come a Pechino. I cinesi ne mangiano in qualsiasi momento ed è davvero alla base della loro dieta insieme al riso.
In zona Shichachai troviamo una panetteria dove, presi dalla curiosità e dal languorino, entriamo e ordiniamo vari tipi di pane dal banco.
Sorprendentemente la ragazza che ci serve sa parlare inglese, quindi le facciamo un po’ di domande del tipo “questo come si chiama? questo come è fatto?” insomma, due veri rompi balle.
Lei però è stracarina e ci spiega che il pane classico si chiama Mantou, poi ci sono le varianti a seconda di come è cotto, se fritto o al vapore o cotto in padella. Ecco, tutte queste varianti possono essere presentate semplici o ripiene, e ogni regione della Cina ha la sua ricetta tipica, quindi immaginate quante possibilità, quante varietà! Una di queste varianti l’abbiamo assaggiata uscendo dalla Città Proibita, dove compriamo quella che sembra una frittella, invece è salata, praticamente pane fritto. Quando è fritto e a forma di bastoncino, tipo grossi churros, si chiama Youtiao, che oltre a essere uno street food viene mangiato pure a colazione spezzettato nel porridge (Congee).
Un’altra variante del Mantou è una pagnottella farcita chiamata Rou Jia Mo.
In pratica è pane cotto al vapore, poi ripassato in padella in modo che formi una crosticina e farcito di carne di maiale che secondo me rimane sul fuoco per giorni, perchè è talmente tenera che letteralmente si scioglie in bocca. Badate che più la carne è grassa più il pane sarà morbido, e il nostro era morbidissimo…
Li abbiamo assaggiati in una specie di tavola calda vicino l’hutong dalle parti del Lama Temple, accompagnati da una deliziosa bibita al mandarino che ci ha consigliato il proprietario.
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I Rou Ja Mo si trovano un po’ ovunque, anche in certe stazioni della metropolitana. Altra bevanda tipica nei chioschi è il latte venduto in bottigliette un po’ panciute bianche e azzurre che potrebbero ricordare i vasetti dello yogurt, da bere con la cannuccia.
Tra le specialità che secondo me potrebbero rientrare nella categoria “comfort food” ci sono quei piatti tipo bento giapponesi che si trovano nelle bancarelle a pranzo ad esempio nei mercati, come quello delle Pulci di Panjayuan. Sono caldi, sostanziosi e sfiziosi perché permettono di assaggiare cose diverse, con consistenze diverse nello stesso piatto. In questo ad esempio c’era del riso bollito con del tofu al vapore insaporito con una salsa all’aglio, germogli di soia e polpette con verdure, per lo più rape.
Anche le zuppe rientrano nel comfort food che a Pechino ho trovato particolarmente delicate, soprattutto quelle a base di brodo di pollo, con i noodles o i wanton (il nome che assumono i ravioli quando immersi nella zuppa).
In generale piatti come riso alla cantonese o gli involtini primavera non compaiono nei menù cinesi, così come tutti quei sapori che sanno di glutammato, no, si cuoce molto più al vapore di quanto immaginiamo. Per non parlare del gelato fritto, una creazione tutta italiana, forse per dare l’idea di strano ed esotico, chissà.
In realtà i dolci cinesi sono semplici, a base di riso glutinoso, morbido e colloso, ma al sapore sono neutri, non hanno quel gusto da dessert come lo intendiamo noi.
Nel ristorante cinese all’interno dell’albergo dove abbiamo soggiornato (ma anche in giro entrando nelle bakery) ce ne siamo fatti portare un po’ provando a distinguerli, ma alla fine cambia la forma e poco la sostanza.
Buoni i Dou Sha Bao, i ravioli di cui vi abbiamo parlato sopra solo farciti di una mostarda rossa di fagioli, leggermente colorati di rosso fuori, i Tanguyuan, palline di riso colloso che ricordano i mochi giapponesi e una specie di pane dolce alla zucca molto profumato e aromatico. Non è raro trovare anche dolci importati dall’Europa, come le tartellette alla crema che qui chiamano Danta, ma che sono per forma e sapore uguali ai Pasteis de Nata.
Nei negozi è facile trovare caramelle e gelatine di ogni forma e colore, molte di queste avviluppate da quella che viene chiamata Barba di Drago, una ragnatela di fili appiccicosi che ricorda tanto per gusto e consistenza il nostro zucchero filato.
Uno dei motivi per cui vorrei tornare in Cina è anche per poter assaggiare altre ricette, altre specialità soprattutto dalla regione dello Sichuan, da dove si racconta provenissero i cuochi scelti dagli imperatori e che ancora oggi è ritenuta una delle province cinesi con fama da gourmet.
Voi conoscete la cucina cinese? Vi piace? Qual è la cucina etnica che preferite?
Adoro la cucina cinese e vorrei tanto provare quella realmente originale, ho assaggiato qualcosa quando ero in Taiwan, ma ad esempio un’anatra laccata mi manca!
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Eh, Taiwan per esempio mi ispira proprio😍 cosa hai mangiato lì che ti è piaciuto particolarmente? Penso che l’anatra laccata ti piacerebbe… 😉
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Ne ho mangiate di cose buonissime, sicuramente mi è rimasto nel cuore l’originale Bubble Tea, ai tempi non era così diffuso in Italia e lo bevvi la prima volta lì, mai trovato uguale. E poi gli xiaolongbao, i baozi e qualsiasi cosa che assomigliasse anche vagamente ad un raviolo! 😁
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Io il bubble tea l’ho assaggiato per la prima volta in California, ma non mi è piaciuto granché. Sicuramente l’originale è una altra cosa…
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Eccomi per la mia lettura serale dei Beijing diaries! 😉 E in tutto questo dove risiede il segreto del fisico così asciutto e minuto dei cinesi con tutta sta roba che si magnano? Un cibo spettacolare per gli occhi e immagino anche per le papille, e poi poterlo gustare “original” dev’essere stata un’altra cosa proprio. Ad esempio non sapevo che il gelato fritto fosse un fake! Devo dire che nei posti in cui sei stata la cucina è intesa quasi come un’esperienza, mi piacciono tutte queste preparazioni, queste attenzioni nei locali, i fornelletti, i pentolini, i tavoli girevoli, certe cose insolite e così singolari! A proposito…ma non è che si dovessero sbollentare anche gli orsacchiotti? 😉 E poi il pane fritto, lo scorpione da passeggio e il raviolo a colazione: un racconto che mette la classica fame serale (si io lo assaggerei lo scorpio)!
Comunque Alessia, più che disgusto e diffidenza io per un attimo ho avuto paura! Si, paura che ci avresti mostrato foto e racconti di un “cibo” inconcepibile per un essere umano con un cuore e un cervello occidentale. Non demonizzo i modi di pensare differenti dal nostro assolutamente, ma lo dico senza arroganza: a volte loro sono da picchiare per certe credenze così infondate e così inverosimili. Spero che le nuove generazioni le abbandonino presto e smettano di perpetrarle (almeno quelle più crudeli). Quella cinese è una cultura lontanissima dalla nostra e ok, da occidentale non mi sogno neanche di storcere il naso sulle loro convinzioni ma la sofferenza a quello che loro intendono come “cibo” non è perdonabile e giustificabile da nessuna storia, da nessuna ragione, da nessuna tradizione e da nessuna cultura per quanto millenaria. Volete mangiare certe “creature”? Va bene (no non va bene per niente) ma che bisogno c’è di infiggergli dolori e patimenti indicibili? Si Alessia ho avuto paura che ti fossi imbattuta in qualche scena da non raccontare 😦 Ma per fortuna così non è stato! Chiudo questa mia triste (e mi dispiace se fuori luogo) divagazione off topic e voglio solo immaginarmi i fenomeni da baraccone che hai citato come enormi donnoni cinesi pelose ammiccanti ai passanti maschi 😛 Buonanotte! ❤
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No Orsa, per fortuna non ho assistito a scene di crudeltà nei confronti degli animali…Mi è solo capitato di trovare un cucciolo di cane legato fuori un locale senza uno straccio di ciotola per bere e ho provveduto io prendendo pure a male parole il buttadentro che stava sulla porta, ma parte questo nulla di più…Fortunatamente siamo stati solo a cena fuori e non in visita a qualche allevamento. ll nostro “buttatevi”riguardava l’aspetto di certi cibi non sempre al top però poi di fatto molto buoni, tutto qui. Sarà che conosciamo persone che storcono la bocca anche solo per assaggiare una salsa nuova, figuriamoci una minestra di fegato (o quello che era…).Quando sono partita anch’io temevo di vedere cani arrostiti ai bordi delle strade, invece, almeno a Pechino, questa cosa non è capitata e mi ha anzi sorpreso vedere tante persone a spasso con il loro peloso… Certo è che se avessi viste scene crudeli non avrei avuto la forza di raccontarle, me le sarei tenute per me, annichilita come sempre mi fanno stare queste situzioni…Il circo di Sichahai riguarda soprattutto certi mendicanti con delle malformazioni indicibili…in particolare mi è rimasta impresso una donna focomelica e senza gambe che si muoveva piegandosi fino a terra solo lateralmente a bordo di un carrelletto su ruote…
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Menomale Alessia, chissà perché immaginavo che certe scene si potessero vedere anche per strada, nei vicoli o nei mercati tradizionali che vendono cibo! Bellissima la cosa che hai visto tante persone a passeggio con i cani, significa che qualcosa sta cambiando nella loro sensibilità. Un po’ meno bella invece la scena dei poveri mendicanti… Condivido il tuo invito a “buttarsi”, è vero: a volte certe esperienze gastronomiche sono più valide in luoghi non al top che nei ristoranti pettinati, Chef Rubio docet 😛
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Quante pietanze prelibate!!! Che carrellata strepitosa ci avete prospettato!
Mi ispirano molto i frutti caramellati tanghulu, oltre ai ravioli, ma non assaggerei mai e poi mai tutto quel “ben di Dio” sulle bancarelle di insetti ed affini…! O.O
Complimenti come sempre per l’esaustività dell’articolo!
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Ah ma infatti neanche noi siamo riusciti ad assaggiare gli insetti. Vale era tentato dagli scorpioni, ma l’ho fermato temendo che mi sentissi male solo a guardarlo…ahahah! Grazie mille Elena, sei sempre gentilissima!
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Ho mangiato cinese una sola volta – ma a San Francisco per cui mi sa che in realtà non conta, anche se era un ristorante molto bello scelto dal mio ex boss dove avevo trovato tutto buonissimo. Per cui sarei curiosissima di provare vero cibo cinese, fatto come si deve. Lascerei però da parte tutto il mondo degli insetti perché avendo il terrore degli insetti che volano, non riuscirei mai a mangiare un esemplare di quella famiglia!
Ma che bellezza Shichahai: se penso alla Cina, nella mia mente la immagino proprio come questo quartiere.
Sappi che il pensiero di quella pagnottella farcita con carne di maiale mi accompagnerà per tutto il pomeriggio, al punto che questa sera dovrò per forza inventarmi qualcosa che le assomigli 😉
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A San Francisco c’è una comunità orientale di cinesi e giapponesi molto numerosa e importante e secondo me è facile trovare cibo o comunque ingredienti che somigliano agli originali. Anche noi, infatti, avevamo mangiato del cinese ottimo a San Francisco, ma l’atmosfera che ti dà il mercato notturno, come appunto Sichacai, è da provare. La pagnottella era buona ma per i miei gusti troppo piena di grasso… Sono riuscita a mangiarne solo una, infatti. Gli insetti, sono d’accordo con te, vanno lasciati dove stanno, di certo non su uno spiedino e sicuramente non nel mio stomaco 😂😂😂
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Io generalmente non mangio cinese, è proprio più forte di me, non ci riesco. Credo che dovrò fare un’eccezione! No, in realtà credo che la cucina autoctona sia molto diversa dal fake che mi propinano da noi…vabbè comunque non morirò di fame. Oh, io stampo tutto, mi hai dato delle dritte incredibili!!
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Che bello Marghe, sono proprio contenta che ti siamo stati utili!😍 Prova l’anatra e l’hotpot, se riesci, perché sono proprio esperienze 😉 Un mega abbraccio 😘
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Sto stampando il post…. non avevo ben focalizzato il locale con i peluches… mi sono immaginata dentro la scena di un film horror in cui in realtà noi saremo le portate principali e saranno i pupazzi a mangiarci
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Ahahahah!! Splatterone!!!😂
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In effetti, il modo di interpretare la cucina in questo angolo di Terra è molto alternativo e lontano dalla nostra concezione di piatti gourmet. Ma posto che vai cucina che va provata; anche perché conoscere nuovi gusti da parte del viaggiare. Per esempio i ravioli li ho trovati ottimi, spesso degustati a colazione anche nella versione dolce. Viceversa l’anatra laccata non sono riuscito a mangiarla e, credo, che non ci riuscirò mai. Già vederla appesa tutta intirizzita mi fa un pochino senso. Magari è buona, ma non lo scoprirò mai. Trovo molto interessanti gli street food proposti, mi sembrano delle vere leccornie. Bellissime foto, come al solito
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L’anatra laccata è molto buona anche se all’inizio faceva un po’ impressione anche a me. Sarà che nel posto dove l’abbiamo mangiata non l’abbiamo vista appesa, ma servita calda su un carrello davvero molto normale e forse questa cosa mi ha in qualche modo confortata e convinta all’assaggio. La cameriera poi era bravissima, ci ha messo passione a raccontarci come andava mangiata, e a quel punto rifiutare sarebbe stata scortesia. Lo street food a Pechino è variegato e appetitoso, in particolare la pagnottella ripiena di carne di maiale…forse un po’ grassa, ma soddisfacente al massimo😉 Grazie mille Falupe🙏 Se non ci sentiamo prima passate buone feste!
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Grazie, buone Feste anche a voi 😉
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Grazie😉
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Anche noi a Pechino siamo capitati a mangiare l’hotpot mongolo ed è stata una delle cene che ricordiamo con maggior piacere! La cultura gastronomica cinese è immensa, proprio come la Cina stessa, e ci siamo resi conto nel nostro viaggio che le differenze regionali sono spiccatissime.
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In effetti uno dei motivi per cui mi piacerebbe tornare in Cina è anche scoprire quanto di diverso ci sia tra le varie province anche dal punto di vista gastronomico. L’hotpot è stato divertentissimo! 😉
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