Zacinto 2017

Questa partenza si è fatta attendere, eccome. Abbiamo sopportato il caldo infernale, il Ferragosto a Roma, quel senso di solitudine che solo l’estate in una grande città sa regalare, quando tutti i tuoi amici sono già partiti e tu stai ancora a stendere bucati che si asciugheranno nel tempo di percorrere la strada che porta dalla lavatrice al terrazzo.
Chi ha la fortuna di condividere la propria vita con un cane o un gatto ci potrà capire. Quando come noi ci si impunta a non volerli lasciare in pensione bisogna aspettare che la tua dog o cat-sitter di fiducia si liberi dai propri impegni per venire a casa tua a coccolare e vezzeggiare il tuo peloso a dovere (nel nostro caso un micio). Questo può comportare qualche disagio che questo anno si è materializzato in una partenza posticipata rispetto al solito, ma insomma, niente di grave, si sopravvive, soprattutto se il rovescio della medaglia è il benessere del nostro gattone.
Arrivati in questa parte dell’anno, oberati di stanchezza e fatica, non potevamo che scegliere una località vicina e che rimandi all’ozio e alla mollezza (si spera). Zacinto. Grecia. Mare. Alla faccia di chi già dice che l’estate è finita solo perché abbiamo oltrepassato le “Colonne d’Ercole” del 15 agosto e soprattutto è già ricominciato il campionato di calcio (ahimè).
Il tassista che ci è venuto a prendere alle 5 del mattino non sapeva neanche dove fosse Zacinto. Ha chiuso rumorosamente il portabagagli della macchina asserendo convinto di non averla mai sentita prima e io ho istintivamente pensato alla mia prof. di italiano al liceo, la quale sarebbe rabbrividita nel suo scialle “animalier” dopo una vita passata a far lezioni su quel roscio di Ugo Foscolo e tutta la metrica dietro a quel “Né più mai toccherò le sacre sponde ove il mio corpo fanciulletto giacque…”.
L’aereo della Vueling è una scatola per scarpe taglia 35 quando tu porti un 47 e mezzo. I sedili sono talmente appiccicati da far sembrare gli schienali perennemente inclinati. I miei vicini di volo sono indecisi su cosa scrivere su Instagram sotto il loro selfie che certifica che stanno partendo (Zacinto arriviamo va bene amò?) mentre dietro un novello Maurizio Battista intrattiene il pubblico parlando di quella volta che ha perso una capsula dentale…
Ritiriamo la macchina e raggiungiamo l’Exotica, a Kalamaki, che sembra avere il nome di un porno shop ma che in realtà è una struttura alberghiera ristrutturata di recente, con tre piscine, pool bar e la spa. Lo staff è giovanissimo e molto gentile. Ci offrono un drink quanto mai gradito alla reception e dopo un primo giro di ricognizione andiamo a pranzo nella caffetteria dell’albergo. Mangiamo tzatziki e insalata greca come non ci fosse un domani e poi saliamo in camera, finalmente. Siamo stanchissimi.
La stanza è grande, c’è posto per almeno quattro persone, e abbiamo un piccolo spazio fuori con vasca idromassaggio privata. Che il relax abbia inizio!

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Il primo giorno ce ne stiamo in panciolle svegliandoci con calma e passando gran parte della mattinata sulla spiaggia più vicina al nostro hotel, quella di Kalamaki. È una lunga spiaggia sabbiosa, ideale per le famiglie con i bambini piccoli, con fondali bassi e acqua trasparente e caldissima. La spiaggia è attrezzata di lettini e ombrelloni, I prezzi sono quelli greci, due lettini e un ombrellone 8€. E in giro non c’è un rifiuto. Pulita davvero.
Per cena proviamo la taverna della simpatica Maria a pochi passi dall’hotel, si chiama Escape. Sono 20anni che sono aperti, ci dice la padrona di casa con orgoglio mentre ci apparecchia un tavolo in giardino, al fresco. Dico “padrona di casa” perché si ha proprio la sensazione di entrare a mangiare in una abitazione privata. È un patio spalancato, illuminato in maniera intima. Dei gattini gironzolano tra le siepi e dall’interno provengono canzoni popolari e odore di stufato. Ordiniamo della feta cotta al cartoccio al profumo di pomodori e peperoni, gamberetti in avocado, tatziki con morbida pita e poi due piatti di carne stufata con verdure, riso e formaggio, talmente tenera che si poteva tagliare con lo sguardo.
Rifocillati prendiamo la macchina per fare un giro a Zante città. Non è facile trovare un parcheggio libero. All’imbocco del canale di acqua salata, all’ingresso della città, hanno allestito un luna park che ha richiamato una ressa di gente. Oltre a giostre che hanno tutta l’aria di non essere mai state sottoposte a qualche tipo di test di sicurezza, hanno organizzato un mercatino e tante, tantissime bancarelle che vendono street food, dai souvlaki cotti al momento, al formaggio, ai dolci canditi o fritti e cosparsi di miele o semplicemente a base di frutta secca. Troviamo posto vicino il porto, proprio davanti la chiesa di San Nicola al Molo, protettore dei marinai, con il bel campanile in stile bizantino.

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È a un lato della piazza principale della città, Solomos Square, sulla quale affaccia anche il museo d’arte bizantina. È in corso un’accesa partita di calcio tra i bambini del posto, per fotografare la piazza quasi intralcio un prezioso calcio d’angolo. Inoltrandosi a piedi per i vialetti lastricati del centro si arriva a una zona pedonale dalla vivacità contagiosa. Cafè, taverne, lounge bar, sale giochi, negozi di ogni tipo, odore invitante di carne alla griglia e crepes. Il campanile della chiesa più importante della città, San Dionisio, è uno dei pochi echi della antica dominazione veneziana perché simile a quello che si trova in Piazza San Marco.

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Si è fatto tardi, il mare mette stanchezza diceva sempre mia nonna. Ma quando al mare ci si va con un bambino scatenato ancora di più.

A Zacinto una delle cose imperdibili da fare è andare a vedere le tartarughe marine, una specie protetta che ogni anno, da maggio a ottobre, sceglie proprio le spiagge a sud dell’isola per riprodursi e far schiudere le uova. Per andare a vederle cerchiamo un tour che possa combinare una spesa contenuta e un po’ di divertimento per il bambino, così ci affidiamo alla compagnia Underwater Turtles Spotting, una barca a forma di uno yellow submarine, con scafo a vetri per poter vedere le bellezze sottomarine (speriamo che includano anche le testuggini), che parte all’ora che preferiamo dal vicino porto di Agios Sostis, una frazione della spiaggia di Laganas.

Il tour pagato da noi dura tre ore, ma volendo c’è anche quello da un’ora o da due. Tutti contenti ci facciamo trovare al porto intorno a mezzogiorno, ma ancora non sappiamo che la nostra giornata si trasformerà in breve da serena a livello inferno. Ecco cinque motivi per evitare questi tour organizzati di massa.
L’overbooking.
la barca non può contenere una simile quantità di turisti ergo non fidatevi mai quando dicono “small boat“: intendono che anche se è piccola la riempiranno fino allo sfinimento. Ci ritroviamo ammassati in fila sotto un tendalino costruito alla meno peggio su un pezzo di banchina pericolante e pieno di ostacoli inutili (buche, gradini..), sopra di noi un sole torrido, circondati dai soliti furbi che tagliano la coda e nessuno che ti spiega niente. A bordo i posti nel sottomarino vero, quello al piano di sotto per capirsi, belli freschi con tanto di aria condizionata ma soprattutto con un pezzetto di vista sul fondo del mare, sono una spicciolata, e ovviamente i soliti furbi di cui sopra se li sono subito accaparrati e non schioderanno neanche quando il capitano chiederà a un certo punto della crociera di fare un cambio posto con i poveretti che sono rimasti al piano di sopra, con pochissima ombra a cercare di allungare il collo (forse le tartarughe siamo noi?!) ai lati della barca per vedere questi fantomatici animali.
La testuggine, alla fine, la vediamo, al largo della baia di Laganas, a poche miglia dal porto dal quale siamo partiti, 2 minuti di cammino. È bellissima.

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Come viene trattato l’animale
La tartaruga mi ha fatto un po’ pena perché a un certo punto era accerchiata da almeno 4 tra barche, barchette e pedalò. È grande e bellissima con il suo guscio lucente, ma è sola e mi è sembrata proprio tanto indifesa. Oltretutto le barche grandi come quella sulla quale ci troviamo mandano spesso i motori al massimo per fare più rumore possibile in modo da stanarla, nel caso l’animale scegliesse di starsene per un po’ tranquillo sul fondo del mare. Perché nonostante questo macello resti in quella baia e non se ne vada altrove è un mistero. Ho persino malignato che per far soldi ce l’abbiano messa loro…
Restiamo un’ora fermi in quel punto di mare (quindi non si vedono LE tartarughe ma LA tartaruga), un’ora in cui ci si annoia a puntino, in qualsiasi modo si voglia vedere la cosa. Ci si annoia se non becchi il lato dove succede qualcosa: se non c’è la tartaruga vedi solo una vasta distesa di sabbia a perdita d’occhio… Se la vedi invece che fico, la fotografi…una,due, tre volte ma poi basta, mica devo farle un book! C’è gente invece che all’ennesima foto ancora corre da una parte e l’altra della barca come invasati, noncuranti degli altri passeggeri, anche se sono bambini. La verità è che dopo un’ora fermi a guardare lo stesso panorama quasi non te ne frega più niente di dove sia la tartaruga. Anzi, quasi le auguri di andarsene da quell’inferno.
Dopo una lunghissima ora si torna al porto per far scendere quelli che hanno pagato per un’ora sola (purtroppo sono pochissimi), e a quel punto scatta la musica unz unz (niente intrattenimento musicale se hai pagato poco) e si prende il largo, destinazione Kerì Cave, altro must-see dell’isola.

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Le grotte di Kerì sono delle cavità che si sono formate nella scogliera calcarea, pure detta falesia, e dalla quale si sono staccati dei faraglioni che qui chiamano Mesitras.
Ora, non voglio fare la guastafeste a tutti i costi, ma essendo stata da poco a Capri questo scenario sembra bello ma non spettacolare come quello che ho invece visto lì.
La barca si ferma in un punto dove il fondale arriva a 30 metri dice il capitano e se vogliamo possiamo fare un tuffo.
Ho visto cose che voi umani…

Ho visto gente accalcarsi per scendere per prima dalla passerella, tirare fuori pinne maschera e boccaglio per neanche 5 minuti di bagno (roba che non fai manco in tempo a sputare nella maschera che già devi risalire)…ho visto gente fare i tuffi di panza e bambini portati a forza a fare il bagno nonostante le lacrime e la paura e probabilmente il freddo solo perché i genitori hanno pagato per quell’esperienza e DEVONO fare quella esperienza, non potendo lasciare i pargoli incustoditi a bordo. Forse sarebbe stato più semplice che uno dei due genitori rinunciasse a una cosa del genere? Arnold mi avrebbe risposto “Che ca**o stai dicendo Willis?”
Detto questo vi ho appena esposto un altro problema.
La gggente.
Come abbiamo passato il tempo noi? Giù, al fresco, da soli, a mangiare i panini che ci hanno preparato in albergo a guardare da sotto tutti questi sederoni pallidi nuotare.
Tempo di ripescare l’ennesimo tonno e partiamo alla volta di Marathonissi, ultima tappa della crociera. Si tratta di una isoletta al largo del Golfo di Kalamaki che è tutta parco nazionale perché scelta dalle tartarughe per riprodursi.

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Questo si traduce in un recinto con tanto di guardiola (e mi pare giusto), ma un fazzoletto di sabbia su cui si riversano tutti i rental boat dell’isola, più le imbarcazioni private, più dei bar galleggianti ingombrantissimi che già sono ancorati in spiaggia da chissà che ora. Ci fanno scendere qui per un bagno che non può durare più di 10 minuti ed è un contrasto notevole perché l’acqua è meravigliosa, la sabbia pare borotalco tanto è fine e bianca e impalpabile, ma ci facciamo il bagno tra una barca e l’altra, tra la cima di un’ancora e un’altra, stando attenti a non capitare sotto l’elica di qualche motore visto che la maggior parte delle barche in affitto qui vengono fatte guidare senza patente con la scusa che tanto “it’s easy”. Tornando a bordo sembriamo dei profughi, stanchi, sudati, alcuni pure mezzo ustionati. E ho pensato che l’inferno, in fin dei conti, può avere tante facce, anche dove sembra un paradiso. Non vediamo l’ora di tornare in albergo, mi sento la febbre addosso tanto è stata una ammazzata. Non parteciperò più a questi tour di gruppo. Purtroppo se si vuole fare un’esperienza simile bisogna essere disposti a pagare un po’ di più per essere sicuri di portare con sè almeno un buon ricordo (per fortuna che mi ricrederò con il tour in barca per il Navagio).
Tornando in albergo per rinfrancare lo spirito non c’è niente di meglio che un bel bagno in piscina. E stasera c’è la serata a tema Grecia in albergo. Pita, souvlaki, gouros e dolci tipici intervallati dalle danze di due bravissimi ballerini di sirtaki.

Venerdì partiamo alla scoperta della costa occidentale dell’isola alla ricerca di qualche altra spiaggia dove poter fare il bagno. Con la macchina ci inoltriamo all’interno dell’isola, salendo lungo strade e stradine di montagna dove l’aria profuma di resina e lo sguardo si riempie del verde che ci circonda, da quello più scuro e severo degli ulivi a quello più brillante delle chiome dei pini. Passiamo per minuscoli villaggi rurali dove la vita scorre tranquilla tra una spremuta di olive per produrre l’olio nuovo da vendere ai turisti e la mungitura di una capretta che pascola dietro casa. Galline che razzolano tranquille, un gatto sonnecchia sotto un albero di fichi e in mezzo a questa semplicità che io sembro riscoprire solo qui, in Grecia, arriviamo a Porto Limionas.

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Si tratta di un fiordo più che una vera e propria spiaggia, di una bellezza che raramente abbiamo trovato altrove. Per arrivarci bisogna scendere dei gradini e poi appollaiarsi su qualche scoglio liscio o buttarsi subito in questo mare verde smeraldo che vi tenterà come le sirene hanno fatto con Ulisse. Volendo, lungo il pendio terrazzato, ci sono ombrelloni e lettini su cemento a pagamento in quello che è uno dei ristoranti più famosi della zona. Noi, con un bambino di due anni e mezzo, non ce la siamo sentita a scendere lungo questo dirupo per poi fare il bagno dove subito l’acqua è alta. Ma se capitate a Zacinto da soli, in coppia o anche con bambini più grandi, fate una sosta qui perché secondo noi è la spiaggia più bella dell’isola!

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Nelle vicinanze, dall’altra parte, meno suggestiva perché non incorniciata dalla scogliera, ma comunque bella c’è la spiaggia di Porto Roxa, uno degli stabilimenti balneari più carini che abbia mai visto, con tanto di dondoli imbottiti di cuscini, dove è gratuito sia il parcheggio che gli ombrelloni. E alle spalle una taverna di quelle che piacciono a me, con il tetto fatto di stuoie, tavoli e sedie dai colori pastello in un mare di fiori e buon odore di cibo.

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Non abbiamo ancora fame quindi, approfittando che il bambino si è addormentato, partiamo alla volta di Kampi, un piccolo villaggio di campagna con quattro case e due taverne.

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Una di queste, la Mixalis, si trova in una strada senza uscita che termina in uno spazioso slargo… e una terrazza che si spalanca sul panorama più bello di tutta Zante! Siamo molto in alto, sulla cima di una verde scogliera che scende giù giù ripida in un mare blu cobalto, lambito solo da qualche barca e dalla carezza del vento caldo. Le note di una canzone popolare provengono dall’interno della taverna che ha i tavoli apparecchiati su questo spettacolo, sotto la pineta. Peccato che sia ancora presto per noi per mangiare, ma ci ripromettiamo di tornare qui una di queste sere, a mangiare un boccone davanti al tramonto. Ora però partiamo per Vassilikos, una penisola a sud est di Zante. Passiamo per Argassi, quindi, centro turistico pieno di locali e alberghi per poi salire lungo una strada sterrata dal panorama mozzafiato sull’isola di Marathonissi, già vista ieri e che solo ora noto abbia la tipica forma di una tartaruga. Sembra impossibile trovare un parcheggio per accedere alla spiaggia di Dafni, finché un signore con pochissimi denti in bocca, nonostante non sia molto anziano, non ci invita a parcheggiare gratuitamente solo se abbiamo voglia di mangiare un boccone nella sua taverna. Ovviamente gli diciamo di sì, abbiamo una fame da lupi. Il gentile signore ci accompagna a piedi per un tratto di strada fin dentro la taverna parlando di calcio con Valerio (e di cosa potrebbero mai parlare due uomini?), di come Totti abbia preso in giro Buffon per il recente sorteggio per i gironi di Champions League. Io ascolto ma nel frattempo guardo cauta dove ci sta portando. Passiamo per una specie di rimessa di barche e macchine, poi in un piazzale che è un mezzo magazzino e quando mi faccio il segno della croce sperando di non prendere una clamorosa batosta giro l’angolo e mi trovo davanti un piccolo paradiso. All’ombra dei pini è stata allestita questa taverna familiare con il banco del bar, uno del pesce fresco (c’è un dentice gigantesco sotto ghiaccio), una piccola cucina a vista sotto decorazioni che rimandano all’arte povera e una deliziosa mini casetta giocattolo per bambini con tanto di scivolo 100% homemade. Vogliamo stare leggeri per poter fare il bagno il prima possibile quindi ordiniamo delle mezetas a base di insalata greca, della pita con la taramosalada, una saporita crema rosata a base di uova di pesce, del formaggio saganaki fritto, da annaffiare con del succo di limone, e delle polpettine di zucchine, il tutto innaffiato da birra Mythos ghiacciata. Quando paghiamo il conto chiediamo come funziona per prendere ombrelloni e lettini, e loro ci dicono che è gratuito, possiamo scegliere quelli che vogliamo.
La spiaggia di Dafni è una lunga striscia di sabbia caratterizzata da un mare trasparente, acqua calda e un fondale morbido e basso.

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Passiamo uno splendido pomeriggio tra bagni e castelli di sabbia, poi ce ne torniamo in albergo per una doccia rinfrescante. E domani si va a Gerakas.

Sabato mattina andiamo alla spiaggia di Gerakas, nella penisola di Vassilikos, ma stavolta siamo proprio all’interno del parco nazionale. La spiaggia di Gerakas è anche detta “delle tartarughe” proprio perché scelte dalle Caretta-Caretta per deporre le uova. Infatti non è possibile accedervi da mezz’ora dopo il tramonto a mezzo ora prima dell’alba, ma quando arriviamo noi, verso le 11:30, c’è già mezza Italia sotto gli ombrelloni. Ragazzi, pare di stare a Milano Marittima! Quello che ti fa capire di essere in realtà in Grecia è questo mare speciale, cristallino, caldo, incomparabile. Per due lettini e un ombrellone ti chiedono 10€ fino alle tre del pomeriggio, 15€ per l’intera giornata. Noi optiamo per la prima soluzione e dopo una mattinata di nuotate e nuove amicizie da parte di Sami sul bagnasciuga ce ne torniamo in albergo per una merenda bordo piscina.

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Per il tramonto siamo a Bochali, la collina che dall’alto domina Zacinto. Da quassù si gode di una bella vista sulla città intera, ma la luce che c’è al tramonto la rende ancora più seducente. E poi l’aria è talmente fresca che è molto piacevole fermarsi nella piazzetta del belvedere per un aperitivo. A Bochali si trova anche un Castello costruito 400 anni fa sotto la dominazione veneziana, ma lo troviamo chiuso. Leggendo comunque su internet pare che del castello sia rimasto poco in quanto andato completamente distrutto con il terremoto del 1953. Da allora non lo hanno più recuperato e a testimonianza della gloria che fu restano solo le possenti mura difensive del castrum, come si vede anche da fuori. A questo punto mi domando a cosa servano i 4€ di biglietto per l’ingresso…

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Scendiamo per una passeggiata serale a Zacinto. È più facile trovare parcheggio a questa ora, quando la maggior parte dei turisti sta tornando con calma dalle spiagge. Percorriamo il lungomare che collega Piazza Solomos alla Chiesa di San Dionisio, il protettore della città. Il corso straripa di locali che hanno scritto in faccia “trappola per turisti”, dall’altra parte invece la banchina del porto che ordinatamente accoglie prima le barche a vela, poi i pescherecci (i miei preferiti!), gli yatch di lusso e infine i traghetti.

DSC_0641DSC_0645DSC_0647DSC_0656DSC_0657DSC_0661DSC_0667DSC_0668DSC_0672DSC_0677Per cena avevamo adocchiato una taverna deliziosa proprio sulla piazza di fronte a San Dionisio, si chiama Ammos. Tavoli apparecchiati sotto la luce di file di lampadine che fanno tanto festa di paese. Pare sia una delle taverne più antiche della città e a parte la gentilezza di uno dei fratelli proprietari, che ci offre anche il dolce e l’ouzo a fine pasto, si mangia benissimo. Il mio polpo alla griglia era squisito.

DSC_0678DSC_0679DSC_0681DSC_0682Finita la cena andiamo a visitare la chiesa di San Dionisio, un tripudio di oro e lampadari. Mi fanno mettere uno scialle all’ingresso per coprire le spalle ma non capisco perché non lo diano anche alle signore più agee, tra l’altro molto più nude…

Torniamo indietro passando per la strada pedonale che avevamo visto la prima sera, ma dall’interno, scoprendo angolini nascosti e frequentati solo da locali che ci godono un po’ di fresco al tavolino di un pub. In uno di questi vialetti troviamo in un angolo anche la casa dove nacque Ugo Foscolo, una casina dalle mura verdi e che su un lato ha una piccola tomba recintata e sormontata da un candido angelo. Ovviamente Foscolo non è morto sull’isola, quindi è solo un epitaffio simbolico però non nascondo che mi abbia fatto piacere trovare un segno che lo commemorasse, se non altro a rappresentanza dell’antica dominazione veneziana. Compriamo dei souvenir in un negozio del centro. È di un ragazzo greco che fa l’artista e la sua bottega sui temi dell’azzurro e del bianco, come la bandiera greca, è una chicca in mezzo alle cineserie che si trovano sull’isola. Si chiama Amnesia e vi invitiamo ad andarlo a trovare casomai passaste da qui perché le sue creazioni, pochette, cuscini, tazze sono proprio belline.

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Domenica andiamo a esplorare la zona a nord est dell’isola, quindi la spiaggia di Xigia e di Makris Gialos. La prima è una laguna naturale caldissima viste le vicine sorgenti di acqua sulfurea. Le temperature a mollo possono arrivare anche a 30gradi quindi non mi sentirei di consigliarla a chi ha bambini piccoli. Per accedere a questa spiaggetta minuscola ma ben attrezzata di lettini, ombrelloni e taverna panoramica, bisogna scendere un bel po’ di gradini scavati nella roccia. Andate presto che i posti sono davvero pochi.

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Nelle vicinanze c’è l’altra spiaggia, Makris Gialos, particolarmente facile da raggiungere e che a differenza delle altre viste finora è fatta di sassi. È in un’ansa, completamente circondata da roccia e alcune grotte che si sono formate naturalmente nel costone si possono visitare a piedi partendo dalla spiaggia. È subito profondo, quindi non adattissimo ai bambini piccoli, ma il fondale è tra i più belli visti in questi giorni, sfizioso per fare snorkeling.

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Quella del Navagio più che una spiaggia è un’icona dell’isola di Zacinto. Abbiamo visto talmente tante foto, letto talmente tanto materiale, che non volevamo rovinarci l’esperienza del trovarcela improvvisamente di fronte e forse per questo ce la siamo lasciata per ultima, come a voler temporaggiare per non rischiare una delusione.
Abbiamo faticato un po’ a trovare un tour che permettesse una visita sia al Relitto che alle vicine Blue Caves in modalità privata o quasi.
Memori della recente esperienza sul sottomarino giallo per vedere le tartarughe marine, volevamo evitare come la peste questi carri bestiame del mare travestiti da qualcosa di divertente. Ma da Kalamaki l’affitto di una barca privata con comandante si aggira intorno ai 300€, mentre prenderla senza nessuna esperienza costa intorno ai €200, bara inclusa.
Su TripAdvisor troviamo ottime recensioni per il Renata Rental Boat, una coppia che porta in giro i turisti per soli 15€ a persona (sotto i 5anni è gratuito) partendo da Porto Vromi. Per prenotare comincia un lungo corteggiamento telefonico tra Renata e noi. Prima è tutto pieno, poi c’è il mare grosso, poi un incendio potrebbe aver bloccato l’accesso al porto. Nell’attesa di vedere il relitto dal mare partiamo per vederlo via terra, anche per controllare la situazione stradale, se è davvero così grave come dice Renata oppure no. L’incendio ha letteralmente devastato ettari di bosco a nord dell’isola, lasciando solo cenere e scheletri neri di quelli che furono alberi. Il rumore delle eliche dei numerosi Canadair che continuano incessantemente a fare da spola tra entroterra e mare mette un po’ di angoscia così come vedere tanti camion dei pompieri appostati un po’ ovunque per monitorare la situazione. Fortunatamente la strada tra Anafonitria e Volimes è sgombra, ancora verdeggiante e bellissima e in breve arriviamo sulla cima della scogliera che dall’alto sormonta il Relitto. Non si sa se questa nave di contrabbandieri di sigarette nel 1983 si sia davvero incagliata qui a seguito di una mareggiata o se, come dicono i maligni, sia stata messa lì apposta come trovata turistica, fatto sta che vedere questo pezzo gigantesco di ferraglia, tutto scuro e arrugginito come in una storia steam punk all’interno di quel contesto chiaro, quasi evanescente, fa davvero effetto. E mi domando come sarà vederlo dal mare, l’unico modo per poterla raggiungere sul serio!

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Il giorno dopo ci svegliamo all’alba per essere sicuri di arrivare a Porto Vromi in orario. Da Kalamaki sono quasi 60 km di strade di montagna e tornanti vertiginosi sul mare, vale la pena prendersela con un po’ più di calma. Porto Vromi è una minuscola insenatura scavata nella roccia con una acqua verde, trasparente e meravigliosa, che ti fa venire voglia di un tuffo anche da qui, in mezzo agli ormeggi delle barche.

DSC_0883DSC_0886DSC_0145Renata è una donna con un viso bellissimo e il sorriso dolce Delle mamme. Ci mette subito a nostro agio mettendo a disposizione per i suoi ospiti, al centro della barca, ceste di biscotti, cracker, ghiacciaie piene di bottiglie di acqua e bibite e succhi di frutta freschi. Ci invita a servirci quante volte vogliamo senza doverle continuamente chiedere il permesso e con la timidezza che serpeggia a bordo nel gruppo che pian piano si è formato, salpiamo alla volta del Navagio. Siamo in 22 a bordo, tutti Italiani tranne due ragazzi sudamericani. Se avete letto il nostro post su cosa odiamo in viaggio potrete immaginare quanto fossimo prevenuti al riguardo, invece alla fine si è creata una bella atmosfera.

La spiaggia del Navagio per i miei gusti è troppo piena di gente, anche a questa ora, le 9:40 del mattino. Il relitto è come si vede nelle foto, arrugginito, stortignaccolo, pieno di scritte e graffiti. Quello che non sapevo è che ci si può entrare e gironzolare dentro. Ma questo me lo racconterà Vale. Io sono rimasta a bordo della barca perché Sami era spaventato dalle onde, chiacchierando con Renata e suo marito. Curiosa questa coppia. Lei è bulgara ma sembra greca. Lui ha occhi chiari e capelli biondi, un bulgaro appunto, invece è greco. Assortiti per bene!
Arrivano altre barche e in breve sembra impossibile riuscire a fare un bagno o a trovare uno spazio su questa spiaggia di sassolini bianchissimi che comunque è piuttosto sporca rispetto alle altre viste in questi giorni.

DSC_0938DSC_0942DSC_0946DSC_0949DSC_0951DSC_0953DSC_0954DSC_0955DSC_0956DSC_0961DSC_0963DSC_0968DSC_0975DSC_0976DSC_0980DSC_0984DSC_0986DSC_0992DSC_0994Dopo una quarantina di minuti il gruppo risale a bordo, quindi partiamo per ammirare da vicino le bellezze di questa scogliera piene di grotte, fessure e anfratti. Ci fermiamo a una caletta che a detta di Renata è antichissima. Contiene infatti dei fossili che risalgono ai tempi dei dinosauri e una caverna che sale in altezza come fosse un comignolo.

DSC_0013DSC_0025DSC_0027DSC_0028DSC_0029DSC_0032DSC_0036DSC_0037DSC_0038DSC_0040DSC_0045DSC_0047DSC_0049Facciamo un bagno veloce, quindi ripartiamo per un’altra spiaggia solitaria. Possiamo stare tutto il tempo che vogliamo e Renata ci mette a disposizione anche maschere e boccagli qualora volessimo fare un po’ di snorkeling. L’acqua è splendida, sembra di nuotare in una piscina grazie alla roccia calcarea che dall’alto si è staccata andando a creare questo chiarissimo fondale di sassi e sabbia bianca. Renata si tuffa anche lei per poi tornare a bordo con le tasche piene di tanti sassolini lisci e lucenti tanto da sembrare dei piccoli diamanti. Li regala alle donne che sono a bordo, per lei sono un segno di buon auspicio. Tante donne sull’isola li hanno usati per creare degli anelli importanti. Questi sassolini sono in realtà pezzi di stalattiti. Partendo da un singolo atomo di carbonio pressato per migliaia di anni si può arrivare a creare qualcosa di unico.
Tra le tante grotte che si possono visitare Renata ne sceglie una abbastanza capiente per poter accogliere l’intera barca e permetterci un tuffo. Il fondo brilla di una luce blu intensa e intorno a noi la roccia venata di coralli viola. L’unica parola che mi viene in mente per provare a descriverla è FAVOLOSA. Torniamo verso Porto Vromi dopo aver fatto una foto ricordo al faccione di Poseidone, una prospicienza della roccia che la fanno sembrare in tutto e per tutto un suggestivo profilo maschile, con tanto di occhio, naso e bocca messi proprio al posto giusto e nella corretta proporzione.

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Una volta al porto salutiamo a malincuore i nostri capitani, di una umanità, gentilezza e ospitalità rare. Non è vero che bisogna pagare tanto per avere un buon ricordo dell’isola, mi sbagliavo. Basta rivolgersi alla dolce Renata.

Non esiste isola senza faro, così mercoledì andiamo a vedere quello di Zacinto. Partiamo nel tardo pomeriggio per una passeggiata a Lemni Keri, un piccolo villaggio con un porticciolo e la spiaggia all’ombra degli ulivi, quindi saliamo per Kerì per vedere l’omonimo faro. Su in cima alla scogliera c’è un piccolo parcheggio e una roulotte con patio e balle di fieno sulle quali sedersi per aspettare il tramonto. Un micetto gironzola tra i tanti turisti che con gli occhiali da sole e una Corona in mano aspettano in silenzio che il sole si nasconda sotto l’orizzonte. Il tramonto da quassù è romanticismo puro, le figure nere dei visitatori in controluce, le chiome degli ulivi, una sposa in posa per il servizio fotografico che le sta facendo lo sposo stesso. A destra c’è l’affaccio nel blu sui Faraglioni, o Mezethras, a sinistra, tra caprette dolcissime, quello sulle Karì Caves. Entrambe le avevamo viste i primi giorni dalla barca che ci ha portato a vedere le tartarughe.

DSC_0153DSC_0154DSC_0159DSC_0160DSC_0162DSC_0164DSC_0165DSC_0169DSC_0168DSC_0171DSC_0172DSC_0175DSC_0182DSC_0183DSC_0184DSC_0185DSC_0197DSC_0199DSC_0204Per cena capitiamo per sbaglio in una taverna non riuscendo a trovare quella che su TripAdvisor ci aveva ispirato. Ne abbiamo girato di taverne in questi giorni come altrove in Grecia, ma nessuna aveva le sembianze ruspanti come questa. Intanto ha l’insegna solo in greco, nessuna inglesizzazione dei nomi. Poi è ricavato nel pian terreno di una abitazione. La famiglia abita al piano di sopra. Ci apparecchiano in quello che è il giardino di casa, coperto da rampicanti, che affaccia sulla valle di Kerì, a quest’ora con il cielo ancora incandescente per i colori del tramonto. Le donne di cui una incinta al nono mese, sono in cucina a preparare la moussaka, mentre gli uomini più anziani sono addetti allo spiedo. Hanno allestito un capanno alla buona per sistemare lo spiego rotante sopra una grave che arde allegra e scoppiettante. Un maialino gira piano piano e sprigiona un odore invitante. Ordiniamo pane e formaggio e del maialino con patate. Una cena da re nella casa di una famiglia di contadini, ospitali, gentili, bellissime persone.
L’ultimo giorno a Zacinto ci concediamo una giornata di mare su una spiaggia poco nota, quasi isolata, si chiama Psarou. Siamo vicini al centro turistico di Tsilivi, ma dimenticatevi i negozi di souvenir e i bar.
La spiaggia di Psarou te la devi andare a cercare, è la giusta ricompensa dopo stradine strette e a doppio senso in mezzo agli ulivi e le galline. Non è bella, intendiamoci. È sottile e neanche troppo lunga, ma ha la sabbia, fondali bassi e un’acqua limpida e calda, piena di pesci con i quali nuotare. Non è servita di lettini e ombrelloni, è un po’ spartana, per avere ombra bisogna sfruttare quel che offre la natura, come la scogliera alle nostre spalle, alta quanto basta per ripararsi dal forte sole. È fatta di argilla bianca. Alcuni bagnanti, quasi tutto del posto, lo sanno e ne prelevano un pezzetto che poi scioglieranno con un pochino d’acqua e una volta pronto il fango se lo spalmeranno un po’ ovunque tra viso e corpo. Si sta benissimo oggi, è un peccato doversene andare, ma abbiamo le valige da preparare e una marea tra gonfiabili e giochi da spiaggia da lavare e riporre chissà come e dove. La serata si conclude con una cena a base di specialità greche e balletti in costume.

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La nostra vacanza finisce il primo settembre e non credo sia un caso. Settembre sembra spazzare via in un attimo tutta la magia e l’evanescenza di agosto. È un mese solido, coi piedi per terra, che riporta alla realtà, un mese che, come gennaio, è foriero di buoni propositi. Il mio? Smaltire tutto il saganaki mangiato in questi giorni.